Tradizioni, usi e costumi dei giorni più pazzi dell’anno
di Beatrice Crescentini
Febbraio è un mese tutto particolare, che si divide tra le romantiche dolcezze di San Valentino e i sovvertimenti dell’ordine costituito tipici del carnevale. Lasciando perdere il giorno degli innamorati (ne parleremo in maniera più approfondita sulle pagine di Travel), andiamo a sbirciare dietro le quinte dei pazzi giorni di carnevale. Curiosi?
Dal disordine rinasce l’ordine
Diceva un tale: “Pòlemos è padre di tutte le cose, di tutte re; e gli uni disvela come dèi e gli altri come uomini, gli uni fa schiavi gli altri liberi.”
Si può dire che questo sia il pensiero fondante alla base del carnevale: il filosofo greco Eraclito di Efeso (535 a.C. – 475 a.C.), cui questa massima appartiene, aveva capito che solo attraverso il conflitto, inteso come contrapposizione e non in senso puramente bellico, è possibile capire bene la realtà. Attraverso la conoscenza dell’odio si può identificare l’amore, attraverso la pace si riesce a comprendere la guerra, attraverso ciò che è disordine si disvela l’ordine. Signore e signori, ecco a voi la dottrina dei contrari!
Lasciamo da parte un attimo il libro di filosofia e torniamo al vero argomento del mese: il carnevale. Facciamo così (abbiate fiducia, non ho in mente alcuno scherzo per voi): chiudiamo insieme gli occhi e pensiamo a questa festività. Qual è la prima cosa che vi viene in mente? Una non-realtà che per qualche giorno l’anno diventa reale quanto l’acqua che beviamo.
Ecco allora il perché più puro, arcano e recondito del carnevale: solo attraverso la conoscenza del disordine, della non-realtà insomma, abbiamo modo di creare un nuovo ordine rinnovato e purificato da conservare, ma senza mai dimenticare la sua origine. Da qui la ciclicità della tradizione carnevalesca.
Il carnevale nell’antichità
Visto il carattere particolare ma allo stesso tempo universale di questa festa non è possibile identificare un “anno 0” (o per meglio dire una “celebrazione 0”) per il carnevale. Analizzando però i lasciti delle antiche civiltà è facile identificare due possibili progenitori, almeno nell’ambiente mediterraneo: stiamo parlando dei romani Saturnalia (festività in onore del dio Saturno) e delle greche Dionisie (celebrazioni in onore del dio Dioniso, conosciute anche con il nome di Antesterie). In entrambe le occasioni lo scopo era quello di sovvertire l’ordine naturale delle cose, nei confronti dell’autorità costituita, della propria famiglia, ma anche delle regole morali o del buon costume.
La più grande differenza tra queste celebrazioni e il nostro odierno carnevale è nello scherzo, nella burla: i Saturnalia e le Dionisie erano fino in fondo feste sacre, con una valenza religiosa ben precisa e anche se predicavano il sovvertimento dell’ordine costituito e una vera e propria euforia collettiva, tutto doveva essere portato avanti secondo precise regole.
Il carnevale nel Medioevo: semel in anno licet insanire
Con la caduta dell’Impero, la Chiesa, nuovo detentore del potere politico oltre che religioso, non è riuscita a sradicare le celebrazioni del carnevale, pur condannandone le esagerazioni. Per cercare di “cristianizzare” il carnevale, un po’ come era accaduto per numerose altre festività pagane, si decise di vincolare la goliardia carnevalesca alle celebrazioni della Pasqua (una specie di ultima occasione di fare festa prima della rigidità della Quaresima). Divenne il motto dei festeggiamenti di carnevale il motto “semel in anno licet insanire”, ovvero “una volta l’anno è permesso ammattire”, ben noto già dall’epoca romana.
Il carnevale oggi: grazie Lorenzo de Medici!
Fu la signoria dei Medici di Firenze durante il Quattordicesimo secolo a delimitare quasi del tutto i contorni delle feste di carnevale odierne: proprio in questo periodo infatti nascono le sfilate con i carri addobbati a tema. Sapete come venivano chiamate queste manifestazioni? Trionfi. Proprio come il trionfo di epoca romana era uno tra i massimi onori, se non “L’Onore”, cui un cittadino romano poteva aspirare, così in questo periodo è il trionfo del nonsenso, della burla, dello scherzo.
Un’altra pietra miliare nella storia del carnevale è il 1600 con la Commedia dell’Arte, nuova forma di teatro in cui i protagonisti sono maschere ben caratterizzate da costumi e atteggiamenti diversi. Ecco la nascita di Arlecchino, Pantalone, Colombina, Pulcinella e gli altri che, tra battute, sberleffi e scene melodrammatiche sono la rappresentazione degli stereotipi dell’uomo. Tra le altre città, da questo periodo in avanti la potente Venezia la fa da padrone, con le sue celebrazioni vecchie di secoli (pensate che il primo riferimento risale al 1094) e gli sfavillanti palazzi aperti a danze e festeggiamenti di ogni genere, anche V.M. 18. Sapete che era proprio durante il carnevale di Venezia che si aggirava in caccia grossa un certo tal scrittore di nome Antonio Casanova?
Il carnevale nell’arte
Terminiamo la nostra passeggiata nella storia dell’arte con una carrellata di come artisti di varie epoche hanno rappresentato le feste di carnevale. Cominciamo con uno tra i primi realizzatori di un’opera a tema carnascialesco: Pieter Bruegel detto “il Vecchio” e il suo Lotta tra Carnevale e Quaresima (1559), dove assistiamo a una tenzone tra il Carnevale (rappresentato nelle vesti di un uomo pasciuto e in sella a un barile) e la Quaresima (una pia ed emaciata donna il cui carro è trainato da altrettante pie donne).
Gli artisti iniziarono a occuparsi del carnevale, vuoi come critica alle maschere comunemente indossate dalla società (come nel caso dell’Entrata di Cristo a Bruxelles, di James Ensor) o semplicemente per amore paterno (come fa Picasso rappresentando il figlio Paulo vestito da Arlecchino nel 1924, oppure il piccolo Jean Renoir nelle vesti di Pierrot immortalato dal padre Pierre-Auguste Renoir nel 1902), solo relativamente di recente. Mentre tra il XVII e il XVIII secolo il carnevale difficilmente viene rappresentato nelle sue vesti allegoriche, ma più che altro di cronaca (quindi è grazie per esempio alle opere del Guardi, del Longhi o del Tiepolo se abbiamo un’idea di come erano le feste di carnevale del periodo), a partire dal XIX secolo il carnevale viene utilizzato per la sua capacità di rappresentare “altro”, ma non necessariamente una burla.
Detto questo, cosa dire di più… se “Semel in anno licet insanire”, non mi resta che augurare buon ferragosto a tutti!
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