Il dio dell’inizio e della fine
di Janehati
Intanto auguri a tutti di buon anno nuovo! O come dice qualcun altro: “buona fine e buon inizio”. Oppure, come dicono altri ancora… va bene dai, avete capito il concetto.
Per salutare il mese di gennaio che è passato velocissimo, abbiamo deciso di raccontarvi la storia di come inizia ogni nuovo anno. Sì, è vero che inizia dal mese di gennaio, ma forse non tutti sanno che il primo mese del calendario prende il nome da un dio molto particolare del pantheon romano: Giano, o Ianus.
Roma conquistatrice e conquistata
C’era un tempo in cui Roma non era la città cosmopolita e la caput mundi che tutti abbiamo imparato a conoscere, fatta di maestosi palazzi, eccellenti opere di ingegneria e generali vittoriosi. Era un’epoca in cui Roma, da capitale di un popolo di pastori e contadini, trasformava se stessa e le genti con cui si scontrava.
A volte “dove fanno il deserto, lo chiamano pace” (“ubi solitudinem faciunt, pacem appellant”, espressione tratta dall’Agricola di Tacito), ma altre volte poteva accadere che l’arte, gli usi o la mitologia del conquistato conquistassero irreparabilmente la società conquistatrice. Questo è ciò che avvenne quando Roma entrò in contatto con la Grecia, tanto da far dire all’autore latino Orazio: “Graecia capta ferum victorem cepit, et artes/ intulit agresti Latio”, ovvero “la Grecia catturata conquistò il selvaggio vincitore, e le arti portò nel Lazio agreste”. Una data tra le molte segnò la conquista culturale di Roma da parte della Grecia: la presa di Corinto del 146 a.C. ad opera del console Mummio, con il conseguente spoglio della città e il trasporto a Roma delle opere d’arte come bottino di guerra.
Il dio dal doppio volto
Ma cosa rimane dell’agresti Latio citato da Orazio? In realtà ben poco, la maggior parte sotterrato sotto il filtro ellenistico ed ellenizzante, ma qua e là la Roma arcaica e originale esce prepotentemente fuori, come nell’immagine del dio dalle due facce (o quattro a seconda dell’iconografia): Giano. Di lui si sa poco, salvo che era già presente nel momento in cui i quattro elementi si divisero per dare origine a tutte le cose. Per Roma ciò fa di lui il padre degli dei, più potente addirittura di Giove. Era il dio del passaggio, del mutamento, del tempo che scorre e delle soglie, sia materiali che immateriali, che custodiva guardando simultaneamente al passato e al futuro.
Fu il re Numa Pompilio (il secondo leggendario re di Roma, succeduto a Romolo, e famoso per la sua pietas) a dedicare il primo mese dopo il solstizio d’inverno proprio al dio delle soglie, ma bisogna aspettare Giulio Cesare e la riforma del 46 a.C. per vedere gennaio come primo mese dell’anno. Il suo sacerdote in epoca arcaica era il rex in persona e successivamente, quando Roma non era più una monarchia e non era ancora un impero, il Rex Sacrorum, ovvero colui che aveva assorbito le funzioni religiose un tempo proprie del monarca. A ulteriore riprova dell’importanza mistica che rivestiva Giano, il Rex Sacrorum apriva le cerimonie religiose e le processioni, davanti addirittura al sacerdote di Giove, il Flamen Dialis.
Giano e la guerra
Nella sua funzione di protettore dei mutamenti e ben consapevoli del delicatissimo momento di passaggio rappresentato da una guerra, a Giano si rivolgevano i generali in cerca di vaticini per le imprese militari. Il suo tempio al Foro, al momento totalmente perduto, se non fosse per una moneta dell’epoca di Nerone e le cronache antiche, secondo alcune tradizioni era un passaggio, forse un’antica porta cittadina, posto lungo l’Argileto, in direzione della Suburra.
Anche se non abbiamo alcuna certezza su dove fosse localizzato o sul suo aspetto, una cosa è certa: se le sue porte erano aperte, Roma era in guerra e occorreva tutta la protezione possibile da parte del dio; se i varchi erano chiusi, Roma era in pace. Giusto per darvi un’idea, racconta Svetonio nelle sue Vite dei Cesari: “Il tempio di Giano Quirino che, dalla fondazione di Roma, non era stato chiuso che due volte prima di lui [la prima volta sotto il regno di Numa Pompilio, dal 715 al 673 a.C., poi sotto il console Tito Manlio Torquato nel 235 a.C., n.d.r.], sotto il suo principato [di Augusto, n.d.r.] fu chiuso tre volte, in uno spazio di tempo molto più breve, poiché la pace si trovò stabilita in terra e in mare.” (Svet., Vite dei Cesari, II, par. 22).
Che dire di più, augurandoci di poter lasciare per sempre le porte del tempio di Giano chiuse, a questo punto non resta che augurarvi nuovamente che questo 2022 sia migliore dell’anno appena passato! E che le due facce di Giano ci proteggano!
Lascia un commento